Pietra di Finale

Nella pietra gli esseri viventi del mare miocenico

Nel Finale l’ambiente naturale, ma anche quello antropizzato, sono stati fortemente caratterizzati dalla presenza della Pietra di Finale. Si tratta di un calcare bioclastico organogeno a frazione parzialmente detritica, più o meno vacuolare, con tonalità che vanno dal bianco al bruno chiaro e al rosa, da sempre sfruttato nell’edificato non solo locale.

Queste rocce contengono una grande quantità di fossili, riconducibili alle forme viventi che popolavano il mare miocenico: gusci di conchiglie, coralli, alghe, ricci, ma anche pesci, inclusi cetacei e squali di grandi dimensioni come il gigantesco Carcharodon.

La Pietra di Finale, così come la vicina Pietra di Verezzi dai toni rosso-bruni e particolarmente ricca di fossili, si formò tra 28 e 11 milioni di anni fa dalla sedimentazione di depositi di una insenatura marina con bassi fondali e acque tendenzialmente calde.

APPROFONDIMENTI – Pietra di Finale

La genesi di queste rocce può essere schematizzata in tre grandi fasi geologiche.

Tra 28 e 23 milioni di anni fa, sul substrato Preterziario, nell’antico Mare ligure-balearico si formò un golfo con alte coste, sul cui fondale ai piedi delle falesie tra Oligocene superiore e Miocene si depositarono sedimenti più o meno fini, che costituirono il “complesso di base della Pietra di Finale”.

Nel Miocene inferiore e medio, da 23 a 11 milioni di anni fa, il mare avanzò nel golfo divenuto una grande insenatura riparata e comunicante tramite un istmo col mare aperto. In un periodo di clima subtropicale si depositarono ulteriori sedimenti, che diedero vita alla Pietra di Finale vera e propria costituita da rocce calcaree ricche di fossili.

Nelle parti centrali di questo ambiente marino, profondo non oltre i 60 m, con acque calme e calde, proliferavano alghe verdi e coralli, cementati da carbonato di calcio, che generarono la Pietra di Finale chiara. Ai margini del bacino, sotto costa, predominavano invece lamellibranchi con ostreidi, balanidi e briozoi, che caratterizzano la Pietra di Finale rosa.

Infine, tra 11 e 0 milioni di anni fa, l’area si sollevò gradualmente, il mare si ritirò e le formazioni emerse subirono un intenso processo di modellamento ed erosione legata a fenomeni di carsismo, sia di superficie che profondi, con la formazione di numerose caverne.

I corsi d’acqua incisero profondamente l’originaria piattaforma costituita dalla sedimentazione della Pietra di Finale e crearono le attuali placche di Verezzi e dell’Orera, di Rocca di Perti, di Monte Cucco e Rocca degli Uccelli, separate da profonde valli con alte pareti verticali.

Agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso, motivi economici e di tutela ambientale portarono alla definitiva chiusura delle cave dove veniva estratta la Pietra di Finale e di Verezzi. Le vecchie cave, con gli straordinari ed inattesi scenari legati alle diverse tecniche estrattive, devono peraltro essere considerate come esempi di un’archeologia industriale testimone di una storia millenaria.

Inoltre le alte falesie e il suggestivo ambiente geologico legato alla Pietra di Finale sono da alcuni anni diventati un’importante attrattiva per “climbers” e altri cultori di “outdoor” provenienti da tutto il mondo.

In un'area di pochi kmq, nel territorio di Finale Ligure, affiorano le principali serie stratigrafiche che caratterizzano il dominio Brianzonese ligure. Un piccolo affioramento in loc. Le Manie è l'unico rappresentante delle antiche rocce cristalline (Gneiss) che emergono grazie ad una finestra tettonica.
Nel contesto di una morfologia complessa come quella dei monti liguri appare nella sua immensa bellezza l'altopiano del Finale, con la sua pietra unica, la Pietra del Finale, che si erge fino a più di 400m sul livello del mare, in netto contrasto cromatico col verde della vegetazione.
Risalendo la Valle di Perti si incontra la valletta fossile di Pianmarino, sulla quale si affaccia una suggestiva cava di Pietra di Finale chiara, aperta su una parete del Bric Scimarco.
Cava di Arma del Sambuco
La vecchia “cava della chiesa” trae il nome dalla sua vicinanza alla chiesa di San Martino, posta sulla sommità dell’altura di Verezzi, poco oltre alla frazione Crosa. La cava, con pareti tagliate a mano secondo la tecnica “a cesure”, è immersa in un ambiente boschivo alle spalle della chiesa e del vicino cimitero.
Sulla ripida pendice del Bric Spaventaggi, sul lato orientale della Valle dell’Aquila, si apre a mezzacosta una spettacolare cava dalla quale veniva estratta una varietà chiara della Pietra di Finale, ricca di fossili.
Nella sella che precede la parte sommitale di Rocca di Perti, in prossimità di quella che è stata definita come l’Acropoli, si incontra una piccola cava di Pietra di Finale, indicata come la “cava della Crocetta”. Essa fu scavata in epoca storica nelle vicinanze del castellaro dell’Età del Ferro noto come il “Villaggio delle Anime” e di alcuni suggestivi pinnacoli in Pietra di Finale stratificata, generati da fenomeni di erosione carsica superficiale.
Sulle pendici occidentali del massiccio della Caprazoppa, nel territorio di Verezzi, si aprono le imponenti pareti della cava del Colle, dalla quale veniva estratta la pregiata pietra locale dalle calde tonalità rosse. La cava presenta due fronti principali con alte tagliate lisce, che rivelano l’uso di tagliatrici a catena. Della precedente estrazione della pietra  mediante il filo elicoidale rimangono nell’area alcune carrucole in ferro immerse nella vegetazione.

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