Newsletter 12 – “Splendidi Marmi” – un grande patrimonio culturale nel Finale
…tra arte e archeologia, un territorio per te…
Splendidi Marmi
un grande patrimonio culturale nel Finale
E’ noto come il Finale presenti uno dei più prestigiosi e articolati patrimoni culturali del Ponente ligure, che lo pongono allo stesso livelli di grandi centri urbani: è l’esito di un lungo, originale e qualificante percorso storico, segnato inizialmente dalla signoria dei Del Carretto, dal passaggio nel 1602 sotto la Corona di Spagna, per giungere infine nel 1713 all’inglobamento nel dominio di terraferma della serenissima Repubblica di Genova.
In questo contesto storico-culturale si collocano gli “splendidi marmi”, che ebbero un ruolo di primo piano nel panorama artistico locale a partire dalla ricostruzione del feudo e del suo Borgo promossa da Giovanni I Del Carretto, quando riconquistò il marchesato dopo la disastrosa guerra con Genova (1447-50).
Un ampio impiego della Pietra di Finale costituì l’elemento fondamentale nella ricostruzione giovannea, tra il 1452 e il 1468, e nella successiva committenza sostenuta dai suoi immediati discendenti e conclusasi drammaticamente nel 1535 con la prematura morte di Giovanni II nell’impresa di Tunisi, voluta dall’imperatore Carlo V.
All’uso dominante della variegata pietra locale si contrappose l’impiego del marmo bianco in un momento esaltatorio della famiglia marchionale, quale quello segnato dalla grande targa, ora ricomposta in Piazza San Biagio, realizzata da un ignoto scultore lombardo vicino a Giovanni da Bissone e raffigurante il trionfo dei Del Carretto, il cui scudo cimato è posto su un carro trainato da leoni. Come narra Giovanni Maria Filelfo, Il bassorilievo era destinato alla vicina Porta Carretta (1452), qualificando il principale ingresso nel Borgo murato.
Tra Quattro- e Cinquecento, in marmo bianco fu anche realizzata una serie di tabernacoli a parete riconducibili a scultori di origini lombarde attivi in Liguria: da quello ancora tardogotico con Crocifissione sulla cimasa e figure di santi in nicchie ai lati della cornice con girali floreali della chiesa di Santa Maria di Pia (1470 ca.), alla cornice con girali ed epigrafe eucaristica ora murata dietro all’altare del San Biagio in Finalborgo, per giungere infine, nella stessa chiesa, al ciborio ormai rinascimentale e di ispirazione fiorentina firmato da Gio Lorenzo Sormano e datato 1521.
Anche la fine della dinastia finalese dei Del Carretto fu segnata dal marmo, col grande monumento funebre commissionato dall’erede Gio Andrea Doria a Battista Orsolino nel 1604 per accogliere le spoglie dell’ultimo marchese Sforza Andrea; concepito per il presbiterio della chiesa domenicana di Santa Caterina, dal 1864 il mausoleo è in San Biagio.
La stagione dei marmi finalesi prosegue nel periodo spagnolo con i grandiosi e interminabili cantieri per la costruzione da parte delle comunità locali delle basiliche di San Giovanni alla Marina (1619-1674) e di San Biagio a Finalborgo (1634-1659, ma consacrata solo nel 1690).
Gradualmente, grazie alla devozione di esponenti laici o religiosi del patriziato locale e all’intervento delle molte confraternite post-tridentine, le due basiliche si arricchirono di nuovi arredi e di splendidi altari in marmo, che sostituirono gradualmente quelli iniziali in malta e gesso.
Particolarmente pregevoli gli intarsi seicenteschi in marmi policromi con motivi floreali, riconducibili a questa innovativa tecnica sviluppatasi a Firenze e giunta a Finale probabilmente con la mediazione di Napoli. Nelle tarsie con vasi di fiori biansati, ora nell’altare del sacro Cuore in San Biagio, così come nei decori floreali dell’altare dell’Immacolata Concezione alla Marina, troviamo gli echi di quell’ambiente napoletano animato dagli interventi di Angelo Landi e del lombardo Cosimo Fanzago nella certosa di San Martino. E forse non a caso, nel 1619, si conserva memoria di quei “fiori” portati nel Finale da Napoli da Giobatta Sardo per adornare una cappella dedicata alla Vergine in San Biagio.
La grande stagione barocca dei marmi finalesi proseguì con le opere eseguite per chiese finalesi da una famiglia di marmorai, che da Genova trasferirono la loro attività nel Ponente: i Ripa, con Pietro e Carlo Antonio.
Ma fu soprattutto con i Bocciardo che l’ultima stagione della scuola scultore tardobarocca genovese trovò le sue massime e più originali espressioni: il riferimento va ovviamente al fantasioso pulpito con la visione biblica di Ezechiele, realizzato nel 1765 da Pasquale Bocciardo per il San Biagio. A suo figlio Girolamo e a suo nipote Andrea Casareggio dobbiamo invece il maestoso altare maggiore e soprattutto la balaustra con angeli reggi-stola, nei quali il verismo plastico dell’ambiente romano seicentesco si stempera ormai in una innovativa aura neoclassica.
Agli “splendidi marmi” del Finale tra XV e XVIII secolo è dedicato il calendario MUDIF 2022 di prossima diffusione.
[G.M.]
NEWSLETTER – ARTE
RIMANI AGGIORNATO
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
RIMANI IN CONTATTO